Lo scorso 8 Aprile si è tenuto un tavolo coordinato da TRELab sul tema della ciclologistica. Tra gli operatori che hanno partecipato c’è Corro – Corrieri in bici, pionieri della ciclologistica a Roma. In questa intervista ci raccontano il loro lavoro e le trasformazioni del settore, tra il crescente interesse degli stakeholders e le contraddizioni delle amministrazioni.
Come nasce Corro e come si è cominciato a fare strada all’interno del settore della ciclologistica?
CORRO è un’evoluzione di una ex-società romana di corrieri in bici. Per dissidi interni, uno dei soci -Roland Ruff- ha deciso di fondare una nuova società nel 2017. Alcuni clienti lo hanno seguito nella nuova avventura e, da allora, riusciamo avere una crescita di circa il 30-40% ogni anno. Ciò grazie alla crescente organizzazione interna e logistica assicurata dall’impegno e la professionalità di tutto il team.
Quali servizi offrite? Come riuscite a garantirne l’efficienza? Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate?
Facciamo logistica urbana in bici e cargo bike, trasportando dagli articoli più leggeri a carichi ingombranti fino a 150 kg con consegne a domicilio, sia b2b, sia b2c. Da un paio di anni ci occupiamo anche della gestione delle flotte di sharing (Jump, Lime, Voi, Bird). Oltre alla consegna ecosostenibile, offriamo alle aziende il rispetto delle norme HACCP per il trasporto di generi alimentari e una logistica fatta su misura per le loro esigenze.
Grazie all’esperienza nel settore da parte del team organizzativo e alla formazione continua del personale, riusciamo a garantire l’efficienza del servizio. Inoltre, tuteliamo i corrieri: offriamo supporto sia dal lato della meccanica sia da quello di back office, grazie ai centralinisti che gestiscono la mole di lavoro con l’aiuto del nostro gestionale.
Le difficoltà, come in ogni altro lavoro, esistono e persistono:
- trovare nuovi clienti a livello locale
- entrare in contatto con i big players del mercato a livello internazionale
- combattere i prezzi stracciati di altri operatori
- acquistare nuove cargo bike
- destreggiarsi in mezzo al traffico di Roma
Ma, forti della nostra ben strutturata linea di business, siamo certi di poterle superare.
Dal vostro sito si legge che è da 10 anni che offrite questo servizio a Roma: ci sono stati cambiamenti nell’approccio al settore da parte dell’amministrazione della città di Roma durante questi anni? E da parte dei clienti e della cittadinanza?
Nel corso di questi anni ci sono stati dei cambiamenti contraddittori da parte degli amministratori. Esempio lampante è il forte impegno nella realizzazione delle piste ciclabili, con l’apertura della ZTL nel centro storico a tutti i tipi di veicoli. Quest’ultimo è, di certo, l’aspetto più problematico per il nostro settore. Il cambiamento della logistica verso una sempre maggiore sostenibilità ambientale sarà molto lento, se non inesistente, finchè le zone di Roma urbanisticamente complesse saranno liberamente accessibili agli operatori della logistica con i furgoni.
Riconosciamo che la presenza del Comune all’interno del Living Lab è un segnale positivo. Ci aspettiamo maggiore convinzione e coraggio nel prendere decisioni cruciali e realmente risolutive.
Anche nel rapporto con la clientela e la cittadinanza, notiamo un duplice approccio. Da una parte sempre più clienti “illuminati”, come li chiamiamo noi, ci scelgono perché sposano la causa delle consegne ad impatto zero. Dall’altra, l’automobilista medio ha ancora la mentalità che la strada è ad uso e consumo esclusivo delle automobili, e che la presenza delle bici e delle cargo bike sia un intralcio al traffico.
Dal vostro sito si vede che avete aperto anche a Firenze. Quali sono le somiglianze e le differenze tra le due città in cui operate? Esiste o dovrebbe esistere una rete nazionale di operatori della ciclologistica?
La città di Firenze, essendo più piccola, è più facile da gestire ma le possibilità di business sono più ridotte. Avendo gli stessi clienti su Roma e su Firenze, abbiamo notato come le loro richieste cambiano a seconda della città.
Una conquista rilevante che abbiamo riscontrato è che il nostro modello operativo è risultato replicabile all’interno di un tessuto urbano differente da Roma. Forse a breve apriremo a Torino per alcuni clienti affezionati, che richiedono a gran voce la nostra presenza.
Quella sulla rete nazionale è una domanda molto importante ma è difficile rispondere, perché il tema è particolarmente sfaccettato. Purtroppo, anche a fronte di diversi tentativi, non riesce a nascere un coordinamento nazionale. Il problema alla base è la disomogeneità della struttura e degli obiettivi delle società di ciclologistica italiane. A questo, si aggiungono la ritrosia delle diverse realtà di logistica e l’impossibilità delle aziende di destinare delle risorse tanto ingenti per questo tipo di sperimentazioni.
Comunque, crediamo fortemente nella necessità di una rete nazionale della ciclologistica. In questo senso collaboriamo spesso con UBM (Urban Bike Messengers) di Milano e Bologna, con cui condividiamo valori, esperienze e misure aziendali. Stiamo pensando di creare con loro un asse di contatto Roma-Firenze-Bologna-Milano, iniziando a uniformare il metodo e la qualità del lavoro in queste 4 città.
Rimaniamo aperti a collaborazioni con gli attuali e i futuri utenti del settore.
Quale schema di cooperazione pensate possa essere realizzato insieme ai grandi player della logistica e del retail? Vedete invece un modello possibile anche con i piccoli negozi di prossimità?
Siamo convinti che esistano molti modi in cui gli operatori della ciclologistica come noi possano cooperare insieme ai grandi player.
Un modello, che noi già applichiamo da anni, è una cooperazione diretta di logistica integrata furgone/cargo bike: il furgone con le merci e le cargobike si incontrano in una posizione strategica, in cui viene trasferito il materiale dall’uno alle altre. Ha un’efficienza crescente all’aumentare del flusso di consegne. Può essere ulteriormente ottimizzato dalla presenza di strutture fisse (hub), nelle quali il furgone può scaricare la merce quando preferisce, evitando di doversi coordinare con le cargo bike. Inoltre, è economicamente vantaggioso e potrebbe essere applicato dai grandi player, se creassero delle proprie flotte di cargo bike.
In questo caso, il supporto delle realtà di ciclologistica, come la nostra, sarebbe diverso: gli operatori di ciclologistica metterebbero a disposizione la loro esperienza, per essere consulenti nella formazione a tutti i livelli del personale, compresa la manutenzione e le riparazioni delle cargo bike.
Fare le consegne per i piccoli negozi non è un problema, e in larga parte una fetta del nostro mercato già li comprende. Abbiamo sviluppato modelli di consegne entro 1 ora, entro 3 ore, entro 48 ore (quest’ultimo modello lo stiamo applicando da poco con Decathlon. Secondo noi si tratta di una semplice scelta da parte dei negozianti, magari dare incentivi a chi sceglie le consegne ecosostenibili sarebbe di molto aiuto.
Secondo voi, quali sono ad oggi i problemi e le opportunità del settore? E quali le sfide per i prossimi anni?
I problemi sono semplicemente i problemi generali di qualsiasi “cambiamento”.
Servono nuove regole da parte delle amministrazioni delle città, che obblighino a fare la logistica urbana in un modo ecosostenibile e, allo stesso tempo, incentivino il cittadino e i grandi player ad operare delle scelte differenti.
Servirebbe cambiare il modo di consegnare: i vari mezzi devono lavorare insieme in sinergia, destinando spazi specifici anche per lavorare insieme contemporaneamente. La logistica basata solo su furgoni non è efficiente: inquina con emissioni di CO2, fa rumore e occupa gli spazi urbani inutilmente, intasando il traffico.
Se l’amministrazione non si mostra decisa in questi cambiamenti, chi fa logistica tradizionale a Roma non sentirà mai il bisogno di cambiare.
UBM a Milano e a Bologna fa consegne per UPS, DHL e GLS, e i loro risultati sono molto più performanti dei furgoni. Noi a Roma non siamo mai riusciti ad avere dei loro giri di consegne, nonostante le molteplici prove promosse da noi di aprire un dialogo. Anche in questo caso, l’unica speranza è di trovare un interlocutore “illuminato” che creda nell’efficienza del modello di logistica integrata.
Le opportunità secondo noi sono infinite, dipende solo dalle volontà. La metà dei furgoni che consegnano in città, potrebbero essere sostituiti già da domani con delle cargo bikes. Così si aumenterebbero i posti di lavoro e si amplierebbe il settore di meccanici delle bici, insieme alle vendite e costruzioni delle cargo.
Si possono fare tanti cambiamenti nei prossimi 10 anni per migliorare la qualità della vita della gente che vive nelle città. Le sfide sono tante: noi che stiamo già facendo la ciclologistica, dobbiamo essere in grado di continuare a crescere sempre in modo sostenibile. Nel frattempo, condividiamo la nostra esperienza, i know-how per un obiettivo comune per far crescere il settore, che è un bene di tutti.
Che tipo di supporto vi aspettate dall’amministrazione? E quale pensate sia il valore aggiunto del Living Lab Logistica?
L’amministrazione deve prendere decisioni coraggiose che obblighino tutti, cittadini e operatori della logistica, a scegliere l’ecosostenibilità.
Una tra le iniziative positive che l’amministrazione può promouovere è la creazione di strutture come gli HUB fissi in punti strategici della città. Qui i furgoni a motore a scoppio possono lasciare la merce e le cargo bike e i furgoni elettrici prenderla. In questi spazi bisogna disporre ristori con un officina/meccanico per le cargo bikes e possibilità di noleggio. Di certo queste iniziative sarebbero un incentivo per gli operatori della logistica. Bisogna però cambiare certe regole per quanto riguarda l’inquinamento, favorendo le zone ZTL, altrimenti difficilmente le cose potranno cambiare da sole. Il rischio è che queste strutture cadrebbero nell’oblio degli investimenti pubblici realizzati e poi abbandonati.
Il grande valore del Living Lab Logistica, oltre nella ricerca, sta nel mettere allo stesso tavolo gli operatori del settore e le amministrazioni. Crea canali importanti di comunicazione e modera le necessità delle varie parti.
Se non ci fosse il Living Lab forse non ci sarebbe questo cambiamento che ci auguriamo, oppure richiederebbe dei tempi e delle modalità inaccettabili.