La diffusione del coronavirus ha messo in crisi svariati settori lavorativi, specialmente in Italia. Esiste però una figura professionale, poco nota fino a qualche mese fa, che in seguito a questa emergenza potrebbe assumere una rilevanza crescente.
Si tratta del mobility manager, il quale ha il compito di ottimizzare la mobilità urbana dei dipendenti di un’impresa privata.
La figura del Mobility manager, nascita ed evoluzione
Questa figura nasce in seguito agli accordi di Kyoto del 1997 sul tema del surriscaldamento globale, e diventa operativa in Italia nel 1998 con il D.M. dell’allora Ministro dell’ambiente Ronchi.
Questo decreto impone l’obbligo di assumere un mobility manager a tutte le aziende e gli enti pubblici che hanno 300 dipendenti in un’unica sede o 800 dipendenti in totale.
Il suo compito principale all’interno dell’azienda è redigere il Piano spostamenti casa-lavoro (PSCL) con l’obiettivo di analizzare e implementare misure utili a migliorare l’accessibilità aziendale, disincentivare i dipendenti dall’utilizzo dei mezzi privati e favorire una mobilità più veloce ed ecologica.
È proprio con questo obiettivo che molte aziende stanno adottando sistemi come il car pooling, car sharing, bike sharing, trasporto a chiamata e navette.
Con il passare degli anni il mobility manager è diventato una figura richiesta non solo dalle aziende ma anche dagli enti locali (comuni e province), per migliorare la mobilità sul territorio di propria competenza in collaborazione con le altre strutture preposte al traffico e ai trasporti. Una di queste è TRElab, un gruppo di ricercatori dell’Università Roma Tre e coordinatore del Living Lab Logistica per conto di Roma Capitale.
Come cambia questo ruolo con il coronavirus
In questi giorni il ruolo del responsabile della mobilità urbana è al centro del dibattito sulle misure da adottare per riaprire i luoghi di lavoro, salvaguardando allo stesso tempo la salute dei dipendenti di azienda.
Per farlo sarà necessario predisporre un sistema di spostamenti sicuro ed efficiente, in grado di salvaguardare i lavoratori dai possibili effetti negativi del viaggio casa-lavoro sul contagio. Molti infatti si stanno adattando alle nuove necessità imposte dal virus, modificando ad esempio la propria attività lavorativa, anche se non sempre è possibile farlo.
Di recente il ministro dei Trasporti Paola De Micheli ha proposto un maggior coinvolgimento dei mobility manager nella vita delle aziende, abbassando ad esempio a 100 dipendenti la soglia minima che obbliga le aziende ad assumerne uno.
Oltre ad un incremento quantitativo è però necessaria anche una riconsiderazione qualitativa del ruolo del mobility manager, per far sì che il suo lavoro sia realmente in grado di contribuire alla prevenzione nel contagiodel Coronavirus.
Infatti, se prima dell’emergenza incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici era tra i compiti principali del mobility manager, con il diffondersi della pandemia proprio questa soluzione è diventata tra le più rischiose, in quanto non assicura il necessario distanziamento sociale.
Ecco che diventa quindi fondamentale sviluppare strumenti alternativi in grado di salvaguardare l’ambiente, risparmiare tempo evitando le lunghe code in macchina e mettere al sicuro la propria salute dal contagio del virus. Oggi aziende ed enti pubblici hanno perciò un motivo in più per affidarsi ad un mobility manager.